PORPORA

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by IlViaggiatore

PORPORA

Le sue dita scorrette
infangavano quel mio corpo asciutto,
ormai senza identità,
ad ogni suo gemito come un
placido schiaffo.
Puntuale, la sua mano destra
sotto la mia veste lacera.
A lui ho sbucciato le mie mille ginocchia,
giorno e notte,
con inutili colpi secchi.
Lui,
neanche il permesso.
Ecco anche la sinistra.
Il volto sfregiato e ricucito
ad ogni mio millimetro.
Come allo spiegar di vele rosse
il suo alito fetido di vino perso
emanava ad ogni suo sospiro:
un continuo grugnire nella mia testa violacea.
Mentre io neanche un grido d’aiuto.
Sola delle mie sorde urla,
una dopo l’altra,
in fila indiana.
Miro al soffitto invano:
forse bianconero, forse un grigio perla
macchiato della mia innocenza.
Ad ogni serrar di natiche e bocche
un tonfo di sangue greve,
come uno scorrere a fiotti purpurei.
Mi tradivo ad ogni mio solito movimento.
Nessuna via di scampo, bensì un cieco labirinto.
Una catena di spine, una bomba in corpo:
sfracella, s’insidia, si accampa, saccheggia la mia verginità.
Né una carezza, non una dolcezza.
Infiniti morsi di dolore,
sudore contro petto imputridito.
La mia pelle invecchiata di colpo, incartapecorita:
L’opera è finita.

Nata Nobile

 

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